venerdì 18 gennaio 2019

Festa di Sant'Antonio Abate

Nella serata d'ieri, 17 gennaio, i frati carmelitani scalzi di Quartucciu hanno celebrato la festa liturgica di Sant'Antonio Abate, padre dei monaci.

P. Gabriele Biccai ha prima benedetto il fuoco e gli animali in piazza Antonio Pisano e dopo nella chiesetta, ha celebrato la S.Messa che ha concluso con la benedizione del pane e delle arance. Un evento importante per Sant'Isidoro che è un borgo di campagna dove ogni famiglia ha la libertà di poter tenere in casa, o per hobby o per professione, degli animali. Una quotidianità bella nella sua semplicità. I bambini, emozionati e fieri, hanno portato il proprio cane che rappresenta per loro non solo una presenza sicura di protezione della casa ma anche e soprattutto un grande compagno.

La liturgia del giorno in onore alla memoria di questo Santo prevede la lettura del Vangelo di Matteo (19, 21), il brano del giovane ricco. Secondo una ricca biografia del santo, scritta da un altro grande santo a lui contemporaneo, sant'Atanasio, sant'Antonio sentì proprio questa Parola di Dio come rivolta a sé stesso: la accolse seriamente e la mise subito in pratica (in basso è stata riportata la seconda lettura dell'Ufficio delle Letture del giorno estratto Dalla "Vita di sant'Antonio" da sant'Atanasio).

Sant'Antonio, sentendosi chiamato dal Signore, ha deciso di mettere al servizio di Dio tutta la sua esistenza. Il suo cuore s'infiammò d'Amore, di Carità. Che il fuoco che è stato benedetto possa raggiungere tutti noi. Questa è la bellezza di tutti i santi: essere infuocati dall'Amore di Dio e effondere calore e luce a tutti, anche a chi sta nelle più fitte tenebre ghiacciate. Alla carità segue la gioia. La Chiesa è ricca di santi che sono tutti testimoni belli di felicità perché hanno trovato la perla preziosa che è Gesù. 

La vocazione di sant’Antonio,
dalla «Vita di sant’Antonio» scritta da sant’Atanasio vescovo (Capp. 2-4; PG 26, 842-846)

Dopo la morte dei genitori, lasciato solo con la sorella ancor molto piccola, Antonio, all’età di diciotto o vent’anni, si prese cura della casa e della sorella. Non erano ancora trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori, quando un giorno, mentre si recava, com’era sua abitudine, alla celebrazione eucaristica, andava riflettendo sulla ragione che aveva indotto gli apostoli a seguire il Salvatore, dopo aver abbandonato ogni cosa. Richiamava alla mente quegli uomini, di cui si parla negli Atti degli Apostoli, che, venduti i loro beni, ne portarono il ricavato ai piedi degli apostoli, perché venissero distribuiti ai poveri. Pensava inoltre quali e quanti erano i beni che essi speravano di conseguire in cielo.
Meditando su queste cose entrò in chiesa, proprio mentre si leggeva il vangelo e sentì che il Signore aveva detto a quel ricco: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli» (Mt 19, 21).
Allora Antonio, come se il racconto della vita dei santi gli fosse stato presentato dalla Provvidenza e quelle parole fossero state lette proprio per lui, uscì subito dalla chiesa, diede in dono agli abitanti del paese le proprietà che aveva ereditato dalla sua famiglia - possedeva infatti trecento campi molto fertili e ameni - perché non fossero motivo di affanno per sé e per la sorella. Vendette anche tutti i beni mobili e distribuì ai poveri la forte somma di denaro ricavata, riservandone solo una piccola parte per la sorella. Partecipando un’altra volta all’assemblea liturgica, sentì le parole che il Signore dice nel vangelo: «Non vi angustiate per il domani» (Mt 6, 34). Non potendo resistere più a lungo, uscì di nuovo e donò anche ciò che gli era ancora rimasto. Affidò la sorella alle vergini consacrate a Dio e poi egli stesso si dedicò nei pressi della sua casa alla vita ascetica, e cominciò a condurre con fortezza una vita aspra, senza nulla concedere a se stesso.
Egli lavorava con le proprie mani: infatti aveva sentito proclamare: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3, 10). Con una parte del denaro guadagnato comperava il pane per sé, mentre il resto lo donava ai poveri.
Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell’animo ogni cosa al punto che la memoria finì per sostituire i libri. Tutti gli abitanti del paese e gli uomini giusti, della cui bontà si valeva, scorgendo un tale uomo lo chiamavano amico di Dio e alcuni lo amavano come un figlio, altri come un fratello.



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